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Gli arredi umbertini dei Fratelli Testolini
DOI: 10.7431/RIV14112016
La Fratelli Testolini1 vide i propri natali nella Venezia del 18472. La ditta crebbe e rese solida la propria posizione nel mercato in un periodo di enorme fermento culturale e produttivo per la capitale lagunare, dovuto sia all’allentarsi della pressione fiscale del governo austro-ungarico attuato alla metà del XIX secolo, sia alle maggiori agevolazioni economiche ottenute poi con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia3.
La Fratelli Testolini si affacciò al mercato veneziano proponendo uno tra i maggiori prodotti richiesti ed apprezzati all’epoca: la mobilia virtuosistica. Il successo di tale azienda fu dovuto alla grande solerzia con cui essa promosse le proprie creazioni, presenziando a tutte le mostre nazionali ed internazionali e alle esposizioni universali, ricevendo sempre note d’encomio e medaglie4. Pienamente consapevole del prestigio di tali riconoscimenti, la ditta appose i premi vinti in una panoplia di medaglie sui cataloghi a stampa e sui biglietti da visita5. Tale prestigio venne maggiormente suffragato dal Cavalierato prima e dal conferimento poi del titolo di Ufficiali dell’Ordine della Corona assegnato loro da Re Umberto I precedentemente al 18966. Oltre a tali titoli venne loro concesso di effigiarsi degli stemmi dei sovrani e dei principi sabaudi, dei duchi d’Aosta e dei sovrani spagnoli, a riconoscimento dell’apprezzamento per i prodotti da loro acquistati7.
La fama dell’azienda crebbe anche grazie al sodalizio sancito sin dagli albori con la ditta Antonio Salviati, fondata a Londra nel 1866 da Antonio Salviati, dal diplomatico Sir Austen Henry Layard e dallo storico William Drake8. Tale legame fu maggiormente rafforzato nel 1896, quando per un periodo di ristagno economico la Salviati, la Testolini, la Jesurum ed altre aziende minori operanti a Venezia, decisero di fondersi sotto il nome di Salviati Jesurum & Co. Importante risulta notare che, seppur formalmente la Fratelli Testolini veda scomparire dall’intestazione il proprio nome, quest’ultimo da quell’anno sia comunque riportato in tutte le guide commerciali appena al di sotto del nome principale, con la specifica della loro produzione di mobilia artistica, dato che ulteriormente dimostra quanto tale ditta e la sua attività fossero importanti.
Il prestigio della Fratelli Testolini era dimostrato dal numero di sedi espositive e negozi che vendevano i loro prodotti: se infatti il connubio con Antonio Salviati aveva portato a far vendere i loro pezzi nei negozi di Londra, Parigi, New York, Boston e di tutte le altri succursali9, i Testolini potevano vantare sedi di vendita sotto la loro direzione anche a Firenze, ma soprattutto in zone nevralgiche di Venezia sulle quali spiccava la loro sede principale di ben tre piani al centro delle Procuratie Vecchie a Piazza S. Marco. Tale prestigio premise loro di protrarre la propria attività sino agli inoltrati anni ’30. Da ricordare che tutti i grandi maestri del mobile intagliato veneziano lavorarono per i Fratelli Testolini, da Toso, a Del Tedesco, a Cadorin per finire con il grande Besarel10, il quale collaborò con loro nei suoi primi anni di attività veneziana. Molto interessante risulta notare che il successo degli arredi che andremo a breve a trattare, fece si che anche Besarel adottasse nella sua produzione tale tipologia di mobilio, grazie anche alla fluidità con cui i Testolini erano soliti concedere i propri modelli ai più valenti collaboratori.
Il mobilio che tratteremo risulta quello più apprezzato a livello italiano, ed in particolar modo nella zona veneta. Questa produzione interessava tutta quella tipologia di arredi da seduta e da appoggio atta a creare i “salottini completi” che tanto erano in voga tra la seconda metà dell’800 ed i primi del ‘900, e che comprendevano divani, sedie, poltrone, confident, borne, tavolini da tè, consolle e specchiere; a tali arredi non di rado venivano associate vetrine, fioriere e piccoli tavolini di fantasia, di cui i Testolini disponevano di una vasta gamma.
Questa tipologia di arredi incarna appieno quello che nel mercato antiquario si associa alla produzione di epoca umbertina, cioè quella tipologia di mobilia costituita da elementi seriali torniti e da elementi intagliati di realizzazione, seppur ancora artigianale, ormai quasi seriale. Benché i Testolini comprendessero molto bene il potenziale di una produzione su ampia scala e per tal ragione sfruttassero tutte le innovazioni che il progresso offriva loro, non caddero mai nella ripetitiva banalità, ideando modelli di arredi che sposassero al contempo la tradizione artigianale veneziana e le innovazioni industriali. Non inopportuno risulterà analizzare nel dettaglio i vari capi di tale tipologia di mobilia.
La poltrona (Fig. 1), elemento princeps di riferimento in ogni fornitura da salotto, è costituita da una spalliera a semicerchio decorata sul piano da grandi tralci di fogliame a bassorilievo; su di essa trova posto nella parte mediana una decorazione a tuttotondo in foggia testa di florido putto o di giovinetta dalla bella cappa pieghettata (non di rado questo elemento può venir sostituito da una coppia di teste di putto). La spalliera risulta sostenuta da elementi torniti che senza soluzione di continuità confluiscono nei sostegni d’appoggio, innestandosi nella parte mediana alle traverse della seduta. Nei modelli più elaborati i supporti della spalliera vengono sostituiti da figure di putti a tuttotondo. Interessante risulta notare come l’asse della seduta di forma quadrangolare venga ruotato divenendo romboidale, cosa messa in risalto dalla presenza di un balaustro di sostegno nella parte frontale. La seduta trova sostegno su quattro elementi identici intagliati simmetricamente a riccioli e fogliame. Due cartelle intagliate con grifoni in posa araldica, con funzione puramente decorativa, vanno infine ad innestarsi tra lo schienale e la seduta, rendendo l’insieme meno fragile visivamente.
Sulla medesima tipologia si ricalcano gli altri arredi. Il divano (Fig. 2), di solito a tre posti, si distingue in particolare per la decorazione della parte sommitale dello schienale, la quale risulta esser costituita con maggior frequenza da due draghi disposti in maniera simmetrica ad uno stemma centrale; a tale tipologia di decorazione si accostano un grande numero di varianti che includono elementi antropomorfi e mitologici. La cartella centrale risulta assai più elaborata e in quasi tutti i casi decorata da un capo leonino. Fastigio e cartella risultano invece assenti nel divano a due posti.
Interessante risulta il borne (Fig. 3), di forma cilindrica, per l’insolito schienale a X decorato da cartelle con grifoni araldici che divide in quattro elementi a spicchio la seduta altrimenti circolare. Questo inusuale elemento risulta infine decorato nel punto d’intersezione da un insieme scolpito.
Il confident (Fig. 4) si presenta invece piuttosto elementare nella sua soluzione compositiva, essendo creato dall’opposizione di due poltrone condividenti un sostegno laterale.
Il tavolino da tè (Fig. 5), che riprende in forma maggiormente sviluppata per i sostegni il motivo a grifoni delle cartelle dei mobili da seduta, viene consolidato da un puntapiedi a doppia C che, imperniato ai balaustri torniti, viene enfatizzato da elementi fogliacei a bassorilievo e da una testina scolpita posta nell’intersezione dei due elementi che lo compongono. Degno di nota il ripiano di forma sagomata, decorato da una fitto disegno inciso di foglie e volute che si dipanano da un rosone centrale (Fig. 6). Interessante risulta notare che tale tipo di decorazione verrà sostituita nel ‘900 con una più semplice decorazione floreale che lascerà libera buona parte della superficie (Fig. 7).
Le sedie (Fig. 8), dalla struttura tradizionale, decorate da cartelle a grifoni e da intagli a bassorilievo in perfetto abbinato agli altri pezzi, si caratterizzano per la parte sommitale dello schienale decorata da una testa muliebre scolpita nel massello del montante e non riportata come nei precedenti casi. Tale elemento viene enfatizzato da due piccoli pinnacoli laterali.
Ultimo arredo nato come elemento d’insieme è la consolle (Fig. 9), con relativa specchiera: essa però non si discosta molto dalla produzione comune, caratterizzandosi solo per gli elementi decorativi che la legano ai precedenti arredi. Se la specchiera per la produzione aulica non risulti di particolare interesse se non per il pregio dell’ornato e la raffinatezza dell’esecuzione, di estremo interesse si rivela invece quella eseguita per la produzione meno elitaria (Fig. 10), essendo il modello impiegato alquanto originale. Esso infatti risulta costituito da due lunghi elementi torniti coesi nella parte sommitale e finale da due elementi ad intaglio decorati da volute e fogliame, tra i quali trova posto una lineare battuta, scostata dagli elementi torniti, che accoglie lo specchio.
L’aspetto piacevole e il copioso apparato decorativo di questi arredi trovarono il favore di moltissimi acquirenti sia stranieri che italiani e, cosa da sottolineare, anche veneziani: ne sono lampante esempio il numero estremamente nutrito di esemplari reperibile sul mercato veneziano, italiano ed estero. La fortuna di tale modello ci viene testimoniata anche dalle varianti delle strutture decorative applicate ad esso: ve ne sono ben sei nel solo catalogo di bottega11 (Figg. 11 – 12), alle quali si debbono aggiungere tutte quelle variazioni eseguite su specifica commissione e realizzate spesso in un solo esemplare, reperibili con buona frequenza sul mercato antiquario.
Per rendere accessibili tali arredi a quasi tutte le fasce sociali, mantenendone però inalterato e riconoscibile il modello, si adottarono vari stratagemmi, andando a creare vari gradi di finitura e di investimento di essenze, passando da una produzione di estrema perizia, accuratezza e solidità ad una via via sempre meno rifinita e di qualità. Nella produzione più prestigiosa si trovano sostegni in foggia di putti, grande ricchezza di dettagli, estrema accuratezza di realizzazioni elementi decorativi intagliati a tuttotondo, dimensioni non contenute e considerevoli masselli di noce. Da tale produzione di alto livello, tuttavia, man mano si scema sino ad arrivare a capi di fattura davvero discutibile. Primo elemento a venir meno sono i sostegni in foggia di putti, sostituiti dai più economici balaustri torniti; a questo segue la sempre minor perizia nella realizzazione dei dettagli, che divengono sempre più schematici e spigolosi, e molto spesso gli elementi decorativi intagliati trovano una decorazione nella sola parte frontalmente. Le strutture invece, se nelle realizzazioni più accurate non vedono tentativi di economia negli elementi strutturali e decorativi, nelle versioni di minor pregio vengono resi sempre più esili, portando per tal motivo all’inserimento di rinforzi angolari al di sotto delle sedute e contemporaneamente al sempre maggior contenimento dei volumi degli arredi. Non di rado viene sostituito il legno di noce, essenza princeps dell’ebanisteria Testolini, con il più economico e facile alla lavorazione noce satin, quando non addirittura con il legno di faggio. In base alla richiesta tali arredi potevano ricevere la finitura che più si riteneva gradita, dalla semplice lucidatura a gommalacca, alla quale spesso faceva da finitura la lumeggiatura in oro, alla tintura, all’ebanizzatura e alla doratura.
Se tale mobilia venne molto apprezzata dalla borghesia dell’epoca di condizioni economiche più o meno agiate non venne per tal motivo disdegnata dalla classe sociale più in vista. A comprova di ciò ne danno il massimo esempio gli arredi ancora presenti a palazzo Pecci a Carpineto Romano, residenza della famiglia dei conti Pecci, la quale diede all’Italia illustrissimi personaggi tra cui papa Leone XIII, dove molte delle sue sale risultano arredate con mobilia di produzione Testolini tra cui anche uno dei salottini di nostro interesse. Tali arredi, come ci da testimonianza Caterina Pecci, discendente di tale famiglia12, vennero acquistati da Heleda Castrignano Pecci, moglie di Giovanni Battista Pecci, pronipote di papa Leone XIII. Ella, di origini venete, di certo ben conosceva ed apprezzava la produzione dei Fratelli Testolini, tanto da scegliere le loro creazioni nei lavori di riarredo e manutenzione da lei intrapresi per ridonare lustro ed eleganza alle residenze di famiglia del consorte. Altra figura di enorme importanza che acquistò arredi dai Testolini fu il grande compositore Giuseppe Verdi; purtroppo non sappiamo in quale circostanza egli diede la sua preferenza alle loro creazioni, ma possiamo ammirare un loro confident della tipologia da noi trattata, oltre che altri complementi d’arredo di mano Testolini, nella sua villa di Sant’Agata a Villanova sull’Arda, in provincia di Piacenza. Come abbiamo in precedenza detto, le creazioni Testolini trovavano diffusione anche a livello globale, e tali arredi ebbero all’estero un certo successo tra il pubblico più in vista: esempio lampante ne sono la coppia di poltroncine di nostro interesse un tempo presenti, insieme ad altri arredi Testolini, nel castello di Moulbaox in Belgio, proprietà dell’importante famiglia dei conti d’Ursel e seppur acquistate quando ormai la Fratelli Testolini aveva cessato la propria attività dovettero avere comunque enorme risonanza la coppia di poltroncine scelte da Marilin Monroe per la sua casa di Los Angeles ed immortalate con lei da Allan Grant nel luglio 1962, per accompagnare l’articolo incentrato su di lei scritto da Richard Meryman13, (Fig. 13).
Naturalmente tali arredi, come si è detto, erano molto diffusi anche tra la popolazione veneta e veneziana: due significative testimonianze risultano i pezzi realizzati per la dimora veneziana dei conti Balestra, i quali tra i vari arredi commissionati ai Testolini richiesero anche la realizzazione di una fornitura da salotto della nostra tipologia14. Assai più significativi si rivelano gli arredi eseguiti per un’importante famiglia dell’alta borghesia veneziana15. Tale fornitura, che consta di una suite completa da salotto, è composta di divano, due poltrone, due sedie, tavolino, consolle e relativa specchiera, alle quali si aggiungono un secondo divano, di foggia leggermente più semplificata, ed una ribalta. L’importanza di tali arredi ci viene dal fatto che oltre ad essere della tipologia di realizzazione più aulica, essi furono realizzati in subappalto per i Testolini dal noto ebanista Vincenzo Cadorin nella prima metà del ’900, come ci restituisce pronta testimonianza il suo registro contabile. Era cosa assai abituale per tale ebanista ricevere dai Fratelli Testolini lavori in subappalto, come egli stesso ci racconta in una sua piccola autobiografia16. Assai importante per tali arredi risulta il fatto che oltre a conoscerne l’ebanista al quale venne subappaltato il lavoro, se ne conosce anche il nome di chi in maniera effettiva li realizzò: i fratelli Colpo, il cui nome ci viene tramandato grazie alla loro lontana parentela con la famiglia committente (Figg. 2 – 7 – 9 – 14 – 15 – 16 – 17 – 18) .
Purtroppo, come era accaduto per tutta la loro produzione, anche tale tipo di arredi aveva visto scolorire e veder dimenticato il nome del proprio produttore, venendo essi assegnati anche dalle più importanti case d’asta a nazioni e molto spesso ad epoche storiche davvero loro lontane, portando al protrarsi di fraintendimenti ed inesattezze che hanno sottratto il giusto merito e riconoscimento all’ingegno e alla fantasia dei Fratelli Testolini.
- Per altre informazioni sulla Fratelli Testolini si rimanda agli articoli comparsi sulla medesima rivista, La ditta dei Fratelli Testolini N. 12 dicembre 2015, e Le porcellane dei Fratelli Testolini N. 13 giugno 2016. [↩]
- Cfr. Aldo Bova, Rossella Junk, Puccio Migliaccio, I colori di Murano nell’800, Arsenale Editore, Venezia, 1999, p. 47. [↩]
- Cfr. M. Isnenghi – S. Wolf, Storia di Venezia: l’800 e il ’900, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2002, pp. 950-966. [↩]
- Cfr. A. Bova – R. Junk – P. Migliaccio, I colori di Murano…, 1999, p. 46. [↩]
- A. Bova – R. Junk – P. Migliaccio, I colori di Murano…, 1999, p. 47. [↩]
- Cfr . Anonima, Guida di Venezia, Tipografia Benelli e Gambi, Firenze, 1896 p. 3. [↩]
- Anonima, Guida di Venezia…, 1896, p. 2. [↩]
- Cfr. A. Bova, P. Migliaccio, Vetri artistici, Antonio Salviati e la Compagnia Venezia Murano, Marsilio, Venezia, 2011, p. 20. [↩]
- A. Bova, P. Migliaccio, Vetri artistici…, 2011, p. 45. [↩]
- Testimonianza orale di Ester Cason Angelini, discendente di Valentino Panciera Besarel. [↩]
- Il catalogo è di proprietà dello scrivente. [↩]
- Testimonianza orale rilasciata per la trasmissione televisiva Piano Nobile, nella puntata 25/08/2014. [↩]
- https://www.juliensauctions.com/press/2010/marilyn-monroe.html [↩]
- Cfr. Eliodoro Angelini(1883-1964): da ebanista veneziano a reduce di Caporetto, a cura di S. Miscellaneo, Archivio storico di Belluno Feltre e Cadore” LXXXVI, (2015), 357, Tipografia Piave, Belluno, 2015 pp. 15-18. [↩]
- La famiglia desidera rimanere anonima per motivi di privacy. [↩]
- Tutto il materiale relativo a Vincenzo Cadorin è custodito dall’ultima sua erede Ida Barbarigo Cadorin. [↩]